Uno scenario che mette in discussione i modelli tradizionali di gestione del personale e le modalità stesse del recruiting e che reclama cambiamenti immediati e nuove visioni sul futuro
Il mercato del lavoro sta vivendo una profonda trasformazione. Il match tra domanda ed offerta di lavoro è sempre più difficile, e sembra non esserci possibilità d’incontro tra le richieste delle aziende e quelle dei lavoratori.
Noi di JOB Agenzia del Lavoro della Comunità Ebraica di Milano che dovremmo essere i sensali dell’incontro ce ne accorgiamo e nell’articolo vorremmo condividere alcune riflessioni su questo scenario inedito.
Passato il trauma della pandemia ci si diceva che saremmo tornati a una nuova normalità, in realtà, per quanto riguarda il mercato del lavoro, e la relazione con il lavoro, le cose sono tutt'altro che tornate alla normalità.
Domanda e Offerta di lavoro sono sempre più disallineate - Le riflessioni di JOB Agenzia del Lavoro
Da un lato le aziende non trovano i profili di cui hanno necessità, e dall’altro chi cerca un impiego non trova quello a cui aspira. E chi è già occupato è insoddisfatto delle condizioni offerte dalle aziende e sempre più propenso a cambiare o a lasciare il proprio impiego.
Questo fenomeno ha cause e conseguenze che riguardano sia le aziende che i lavoratori, e che richiedono una riflessione collettiva sul futuro del lavoro.
Il bollettino Excelsior, realizzato da ANPAL (Agenzia Nazionale Politiche Attive del Lavoro) e Unioncamere, rileva che a gennaio di quest’anno il 45,6% delle aziende alla ricerca di figure professionali non è stato in grado di trovarle.
Il quiet quitting: cos'è, perché avviene, quali sono i suoi effetti sulle aziende e sui lavoratori.
Uno dei fenomeni più evidenti e preoccupanti del mismatch tra domanda e offerta di lavoro è il quiet quitting, ovvero la tendenza dei lavoratori a lasciare i loro impieghi o a ridurre il loro impegno al minimo indispensabile.
Big Quit, Great Resignation, Quiet Quitting, sono definizioni post pandemiche che stanno ad indicare il fenomeno delle dimissioni e quello della rinuncia all’impegno sul posto di lavoro.
L’hashtag #quietquitting è diventato virale in poche ore per i video lanciati su TikTok dagli stessi lavoratori, mentre si riprendevano a “cazzeggiare” sul posto di lavoro.
Harvard Business Review sostiene che il Quiet Quitting non dipende dal desiderio dei lavoratori di fare meno e di essere meno coinvolti, ma dalla scarsa abilità dei manager di creare una cultura lavorativa che non spinga i dipendenti a voler scappare dall'ufficio.
Definizioni ancora fluide che indicano come i valori delle persone stiano cambiando, e come il lavoro non sia più al centro delle vite e come non definisca più quanto vali.
Le priorità e le disponibilità della nuova generazione sono molto diverse rispetto alle generazioni precedenti, foriera di una sensibilità inedita che si traduce in altrettanti comportamenti inediti.
Sta cambiando il rapporto con il lavoro
Il lavoro non è più visto come un fine, ma come un mezzo per realizzare i propri progetti. Non è più una fonte di identità e di status, ma piuttosto un’occasione di apprendimento e di esperienza.
L’onda dei quitters però non è affatto una moda o un fenomeno estemporaneo. È un trend che non si fermerà.
Questo è quanto emerge da un recente Report di McKinsey - “The Great Attrition is making hiring harder. Are you searching the right talent pools?” che avverte sul fenomeno:
It’s the quitting trend that
just won’t quit.
Questo trend ha degli effetti negativi sia per le aziende che per i lavoratori. Le aziende perdono talenti preziosi, competenze specifiche, esperienza e conoscenza. I lavoratori perdono opportunità di crescita professionale, stabilità economica, sicurezza sociale. Inoltre, il quiet quitting genera un clima di sfiducia, demotivazione, conflitto e stress tra le parti.
C’è una tensione generazionale, un’assenza di comunicazione tra le parti che raggiunge l’apice con il quiet quitting
Tra i fenomeni che si stanno evidenziando non ci sono solo quelli della ricerca dei talenti, della fuga di cervelli, delle dimissioni, grandi o silenziose, c’è anche il burn out e la decisione da parte dei giovani di investire consapevolmente sempre meno sul lavoro e sul proprio potenziale.
“Se non hai i genitori a coprirti le spalle qui non hai futuro.
Lo stipendio a malapena ti serve a pagare l’affitto di una stanza in condivisione,
Il mutuo per una casa è un miraggio e la pensione
neanche in sogno la vedrò.
Non è un paese per giovani, il nostro”
Ci dice una giovane ventottenne col tono che esprime tristezza ma soprattutto rassegnazione.
In assenza di motivazione, di spinta di realizzazione, ci si accontenta allora di lavori di basso profilo. Secondo uno Studio del 2021 di Randstad, il 71% dei lavoratori italiani si dichiara insoddisfatto del proprio lavoro e il 44% vorrebbe cambiarlo entro il prossimo anno. Le ragioni sono tante: mancanza di prospettive di carriera (41%), scarsa retribuzione (39%), clima aziendale pessimo (31%), monotonia delle mansioni (28%).
Ed ecco che nell’ombra, in parallelo al trend delle dimissioni, si aggira un altro spettro, ancora una volta anticipato dagli Stati Uniti, quello della Gig economy.
L’economia dei lavoretti, del lavoro a chiamata, occasionale, e dei gig workers. Giovani per cui il lavoro non è più un fattore identitario e di realizzazione, ma un mezzo per arrangiarsi.
Gig Economy: vantaggi e svantaggi per le aziende e per i lavoratori.
Le aziende possono risparmiare sui costi fissi, avere accesso a una forza lavoro qualificata e disponibile, adattarsi alle esigenze del mercato. I lavoratori possono scegliere quando, dove e come lavorare, avere più opportunità e diversificare le proprie fonti di reddito.
Tuttavia, la gig economy ha anche dei rischi e delle criticità sia per le aziende che per i lavoratori.
Le aziende possono perdere il controllo sulla qualità del lavoro, avere difficoltà a creare una cultura aziendale e a fidelizzare i talenti, essere esposte a problemi legali e fiscali.
E i lavoratori subire una riduzione dei diritti e delle tutele, una maggiore competizione e instabilità, una minore possibilità di crescita professionale e personale.
Come affrontare il mismatch tra domanda e offerta?
I recruiters si sorprendono dei comportamenti dei candidati che ai i primi colloqui chiedono quanto tempo libero avranno a disposizione. Oggi, quello che va esplorato ed approfondito in sede di colloquio è la motivazione, i valori, le disponibilità, le priorità e le progettualità individuali.
Non è più solo una questione di competenze. Oggi sta alle aziende rendersi appetibili ed attraenti.
Il problema dell'incontro tra domanda e offerta di lavoro non dipende più solo dalle competenze che non corrispondono alle esigenze del mercato.
Le nuove generazioni uscite dalla pandemia hanno riconsiderato priorità e valori, e cercano, a differenza delle generazioni precedenti, innanzitutto un equilibrio tra vita e lavoro.
È in atto una rivoluzione di valori, aspettative e stili di vita. Stiamo assistendo ad un cambiamento radicale: oggi sono le aziende a non offrire quello che le nuove generazioni vogliono. La selezione non la fanno più le aziende, la fa chi cerca lavoro.
Come attrarre e trattenere i talenti?
Come innovare le organizzazioni e le relazioni tra manager e i lavoratori?
I soldi non sono tutto è vero, ma chi lavora chiede retribuzioni più alte perché quelle attuali non sono sostenibili e non consentono una progettualità di vita autonoma.
Ricorderete l’infografica con dati Ocse, che nel 2021 aveva fatto molto discutere, sugli stipendi europei. I dati relativi al periodo 1990-2020, dicevano che i salari medi annuali dal 1990 erano aumentati in tutta Europa, ad eccezione dell Italia.
In Italia gli stipendi non solo non sono cresciuti, ma sono addirittura diminuiti, del 2,9%!
Il tema è ancora più sentito ed impellente per le piccole e medie imprese (PMI), che spesso si sentono svantaggiate nella competizione per i talenti migliori, perché ritengono di non poter offrire gli stipendi che offrono le grandi aziende.
Nell’interesse dell’economia del paese, delle imprese e delle nuove generazioni di lavoratori, il trend in corso non può essere sottovalutato.
Le imprese, la scuola, le università, la politica, il sindacato, devono farsi domande, e mettersi in discussione.
Vanno abbandonati i pregiudizi e le narrazioni paternalistiche che descrivono i giovani come sdraiati, inetti, viziati e vanno date risposte che siano concrete, innovative, allineate alle istanze e alle priorità delle giovani generazioni.
Le nuove generazioni sembrano essere più consapevoli dei loro diritti come persone e del valore della qualità di vita, e sicuramente sono più aperti al cambiamento e alla diversità.
Il mismatch tra domanda e offerta di lavoro è un fenomeno complesso e sfidante, che richiede una visione innovativa e strategica da parte delle aziende e dei lavoratori.
Per attrarre e motivare i talenti è necessario conoscerne i bisogni, le priorità e le aspettative.
Le nuove generazioni uscite dalla pandemia hanno riconsiderato priorità e valori, e cercano, a differenza delle generazioni precedenti, innanzitutto un equilibrio tra vita e lavoro, le disponibilità sono cambiate.
Mettersi in una posizione di apertura e curiosità può aiutare, in particolare le PMI, ad innovarsi.
Farsi domande di solito aiuta a generare novità, ve ne proponiamo qualcuna:
Come soddisfare le esigenze dei lavoratori in termini di retribuzione?
Come offrire flessibilità oraria e spaziale, consentendo ai lavoratori di scegliere quando, dove e come lavorare. Il remote working è una modalità di lavoro sempre più richiesta e apprezzata dai lavoratori, che permette di risparmiare tempo e denaro, di conciliare meglio vita e lavoro, di aumentare la produttività e la soddisfazione, remote working e equilibrio vita-lavoro
Come prendersi cura dell’on boarding delle nuove risorse?
Come allineare la politica dei benefit alle esigenze dei vostri talenti?
Come offrire ai lavoratori ciò che cercano: scopo, qualità di vita innovazione e formazione.
Come coivolgere i lavoratori nelle decisioni strategiche e operative, valorizzando le loro idee e competenze? Come si costruiscono con loro percorsi di carriera chiari e stimolanti che puntino a valorizzare le competenze e le potenzialità?
Come promuovere una cultura aziendale positiva e inclusiva, basata sulla trasparenza, sul dialogo e sulla fiducia?
Come internazionalizzare i luoghi di lavoro e attrarre giovani dall’estero? (Forse se la lingua italiana non fosse un requisito assoluto e indispensabile) potremmo attrarre giovani menti che parlano altre lingue)
Come dotare chi lavora di strumenti tecnologici innovativi e di ambienti di lavoro dal design estetico e funzionale, che siano in grado di ispirare, stimolare, offrire comfort e funzionalità e far sentire parte di una comunità e di una cultura.
E come misurare gli effetti di questo investimento iniziale in termini di competitività, motivazione, clima di lavoro e produttività?
Come investire nella formazione e nello sviluppo dei talenti? Come offrire ai dipendenti la possibilità di aggiornare le loro competenze e di acquisirne di nuove?
Come generare una cultura del feedback e riconoscere il valore delle persone e del loro lavoro?
Come costruire e comunicare la propria cultura aziendale, il brand, con coerenza e trasparenza, autenticità? Come mostrare ai lavoratori chi siete, cosa fate e perché lo fate? Come dare priorità alla diversità e all'inclusione nel vostro team?
Come apprendere a comunicare in modo chiaro e aperto con i dipendenti?
Le nuove generazioni hanno molto da offrire alle aziende e alla società in genere.
I giovani hanno competenze digitali avanzate, parlano più lingue straniere, e soprattutto hanno una sensibilità ecologica e sociale, e ci offrono una visione globale, interculturale, innovativa e creativa, restare indifferenti e non cogliere questa capacità di vedere e le loro sensibilità è un pò come buttare via una consulenza preziosa.
Anche chi lavora, e chi ricerca nuove opportunità dovrebbe interrogarsi. Chiarezza e consapevolezza di quello che si vuole dovrebbero dare la direzione.
Spesso si ha chiaro quello che non si vuole e che si desidera lasciare ma non sempre si ha chiarezza di quello a cui si aspira.
Per fare scelte professionali consapevoli e soddisfacenti è necessario seguire alcuni passaggi e ancora una volta farsi delle domande.
Riflettere sulle proprie motivazioni e aspettative: cosa è davvero importante per me, cosa ha valore per me? Cosa mi fa sentire realizzato? Quali sono in questo momento le mie priorità? Cosa voglio ottenere e per farne cosa? Cosa sono disposto a ad offrire? Cosa sono disposto a rinunciare?
Valutare le opportunità in base ai propri valori e obiettivi: cosa offre l'azienda? Qual è la sua cultura, il suo scopo? Quali sono le condizioni di lavoro? Quali sono le possibilità di crescita?
Confrontarsi con altre fonti di informazione e feedback: cosa dicono i colleghi? Cosa ne pensa chi ci ha già lavorato? LinkedIn è uno strumento utile anche per trovare persone che hanno già lavorato in azienda o per creare contatti con chi già ci lavora.
Monitorare gli effetti della decisione e apportare eventuali correzioni: come mi sento dopo aver cambiato lavoro? Sono soddisfatto? Ho imparato qualcosa di nuovo? Ho incontrato delle difficoltà?…
Darsi il giusto tempo, per integrarsi e conoscere i contesti ci vuole tempo, l’impulsività e l’impazienza ci impediscono di capire a fondo dove siamo e come integrarci.
Le dimissioni silenziose e la ricerca continua di un posto migliore del precedente non aiutano a trovare quello che si cerca.
Secondo i dati dell’ Osservatorio Hr Innovation Practice del Politecnico di Milano, il 41% di chi ha cambiato lavoro in Italia si dice insoddisfatto, o addirittura pentito, rispetto alla scelta fatta.
È questo un altro dato importante che dovrebbe far riflettere
Apprendere a negoziare è una competenza fondamentale per trovare e contribuire a costruire il giusto equilibrio tra le proprie esigenze e quelle dell'azienda.
Per concludere senza chiudere
Aver consapevolezza delle proprie priorità e valori e saper comunicare le proprie istanze, condividerle con i colleghi, Uscire dal silenzio ed esplicitare con chiarezza, all’interno dei contesti lavorativi e durante il colloquio di selezione, quello a cui si aspira e che si sta cercando, è una delle strade possibili per trasformare i contesti aziendali e creare valore per entrambe le parti in gioco.
Il mismatch tra domanda e offerta di lavoro è un fenomeno complesso e sfidante, che richiede una visione innovativa e strategica da parte delle aziende e dei lavoratori. Le aziende devono saper attrarre e trattenere i talenti, offrendo loro condizioni di lavoro soddisfacenti, opportunità di crescita, ambienti stimolanti, cultura positiva. I lavoratori devono saper trovare e cambiare lavoro con la giusta consapevolezza di quello che si cerca, possedere competenze chiave, e saper comunicare il proprio valore.
Ci accorgiamo del rischio di scivolare nella retorica, e non vogliamo suggerire soluzioni distanti dalla realtà. Lasciamo a voi la parola perché ci piacerebbe proseguire nella riflessione e contribuire a trovare possibili risposte a queste sfida così impellente
Forse, così si potrà creare un mercato del lavoro più dinamico, competitivo, inclusivo e sostenibile. Solo così, forse, si potrà contribuire a costruire insieme il futuro o i futuri possibili del lavoro.
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